La Vie en Rose
Fr, UK, Rep. Ceca 2007
REGIA
Olivier Dahan
INTERPRETI
Marion Cotillard, Sylvie Testud, Clotilde Courau, Jean-Paul Rouve
SCENEGGIATURA
Olivier Dahan, Isabelle Sobelman
Cultori e amanti di Edith Piaf si strappano le vesti. Il film che vede protagonista il fenomeno musicale francese delude assai di più di quello che ci si potesse aspettare. Per prima cosa risente dei limiti fisiologici e naturali che un biopic, un film biografico, ha insiti di partenza. Troppo difficile scansarli. Tra questi il più evidente e ricorrente è sicuramente quello di voler raccontare tutto, troppo. Mettere su schermo l'intera vita di una persona necessità di una certosina operazione di selezione, di cernita di fatti salienti o meno, di scelta tra il mostrare ed il non mostrare. Ma anche il più preciso, puntiglioso e rigoroso selezionatore non potrà fare a meno di tagliare con l'accetta. Non tanto le situazioni, quanto i personaggi, i sentimenti, le emozioni, che necessitano di un respiro più ampio per essere dettagliate.
La Vie En rose cade, come la più sprovveduta preda, nella trappola che il 'biopic' gli tende: manca completamente di equilibrio tra le parti: lo spazio concesso all'infanzia e alla 'vecchiaia' della cantante francese sovrastano per tempo dedicato una parte centrale che risulta non solo esigua, ma anche confusa nel suo raccontare per sommi capi. Si viaggia quindi per stereotipi, per associazione di idee e per luoghi comuni: ne è esempio lampante il primo vero innamoramento della cantante, descritto da tre scene eloquenti quanto banali. Approccio, amore, morte. Fine. Inutile ribadire lo spessore del caso.
Ad appesantire una parte finale dilatata oltremisura contribuisce la scelta di spingere sul lato drammatico: l'esilie figura di Edith Piaf sul letto di morte per quasi mezz'ora è un chiaro segno di voler puntare sulle lacrime facili, mostrando carenza di idee più convincenti.
Ciononostante il film emoziona in più punti ma non certo per meriti di scrittura e regia di Olver Dahan: mentre le canzoni della cantante francese riescono ad elevare anche la scena più piatta, l'interpretazione di una trasformata e trasformista Marion Cotillard riescono a mascherare buchi e banalità altrimenti più evidenti.
di Michelangelo Pasini
La Vie En rose cade, come la più sprovveduta preda, nella trappola che il 'biopic' gli tende: manca completamente di equilibrio tra le parti: lo spazio concesso all'infanzia e alla 'vecchiaia' della cantante francese sovrastano per tempo dedicato una parte centrale che risulta non solo esigua, ma anche confusa nel suo raccontare per sommi capi. Si viaggia quindi per stereotipi, per associazione di idee e per luoghi comuni: ne è esempio lampante il primo vero innamoramento della cantante, descritto da tre scene eloquenti quanto banali. Approccio, amore, morte. Fine. Inutile ribadire lo spessore del caso.
Ad appesantire una parte finale dilatata oltremisura contribuisce la scelta di spingere sul lato drammatico: l'esilie figura di Edith Piaf sul letto di morte per quasi mezz'ora è un chiaro segno di voler puntare sulle lacrime facili, mostrando carenza di idee più convincenti.
Ciononostante il film emoziona in più punti ma non certo per meriti di scrittura e regia di Olver Dahan: mentre le canzoni della cantante francese riescono ad elevare anche la scena più piatta, l'interpretazione di una trasformata e trasformista Marion Cotillard riescono a mascherare buchi e banalità altrimenti più evidenti.
di Michelangelo Pasini
Nessun commento:
Posta un commento