giovedì 27 marzo 2008

10000 AC


10000 AC

USA 2008

REGIA

Roland Emmerich

INTERPRETI

Camilla Belle, Cliff Curtis, Tim Barlow, Suri van Sornsen, Marco Khan, Reece Ritchie, Mo Zinal, Omar Sharif, Steven Strait

SCENEGGIATURA

Roland Emmerich

So che alla maggior parte degli spettatori (ma non solo) dire Roland Emmerich è sinonimo di cattiva qualità per i film, ma a chi scrive il regista tedesco non è mai dispiaciuto fin dai tempi della sua prima sordita hollywoodiana con “I nuovi eroi”. Il suo cinema, da visionare soprattutto in sale ultramoderne dotate di un reparto audio avanguardistico, è sì superficiale, fracassone (ad esclusione de “Il patriota”), ma anche tremendamente divertente. Penso alla fantascienza da Peter Colosimo di “Stargate”, al pugno in faccia di Will Smith all’alieno (“benvenuto in america”) in Indipendence Day, al Godzilla giapponese che scaglia la sua furia contro il capitalismo americano, ai lupi di Day after Tomorrow. Quindi nell’accingermi a vedere 10000 Ac sono partito con le più belle speranze, ma così ho assistito ad un disastro ancora più devastante. Su wikipedia il film era presentato così: “Nel 2007 sono previsti altri due suoi film, 10.000 B.C., in fase di pre-produzione, basato su una sceneggiatura di Harald Kloser e Emmerich stesso. Il film narrerà attraverso gli occhi di un cacciatore di mammuth la reale vita che si conduceva 10.000 anni prima della nascita di Cristo. Il film sembra annoverare nel suo cast attori per lo più semi-sconosciuti: Camilla Belle, Marco Khan e Steven Strait”. Se l’intento di Emmerich era il realismo, il film non c’entra il bersaglio, ingozzato a forza da effetti speciali continui che ricordano per assurdo la fredda perfezione dei videogame. Scene come la caccia al bisonte o l’attacco degli struzzi carnivori o ancora il salvataggio della tigre coi denti a sciabola sono per lo più scenari da giocare nella solitudine di una X box 360 o di una Ps3, assolutamente poco coinvolgenti se vissuti da spettatori e senza la possibilità di interagire. La storia poi risulta abbastanza disastrosa con questa odissea di un cacciatore preistorico per salvare la sua bella dalle grinfie di un faraone malvagio. Non coinvolge lo sfondo di un passato troppo superficiale per essere vero, di un popolo di primitivi così simili agli indiani d’America, di un cast da telefilm del Sabato pomeriggio. Non una sola goccia di sangue viene versata in battaglie all’apparenza furiose, non esiste pathos anche quando i personaggi muoiono, semmai il film è portatore di riso involontario quando entrano in scena i due cattivi dalle fattezze di un simil Totò sceicco e di un Alessandro Haber inferocito. Il plot ricorda per assurdo il grandissimo esperimento margheritiano “Il mondo di Yor”, ma manca della fantasia e dell’abilità del grande regista italiano. 10000 Ac spreca anche l’idea folgorante dell’amicizia tra l’eroe e una spietata tigre preistorica rilegando l’animale in un cammeo abbastanza inutile: più divertimento tamarro ci sarebbe stato se il protagonista avesse massacrato i cattivoni a cavallo del suo micione zannuto magari a ritmo di musica heavy metal. Emmerich vorrebbe essere Snyder in 300, ma riesce solo ad essere il mero esecutore di uno dei film più disastrosi del nuovo millennio con l’idea suicida di essere serio quando chiama una feroce tribù nemica i “Cula” o le barche “grandi uccelli”. Meglio sarebbe se il regista tedesco si disintossicasse o la smettesse di arrivare sul set ubriaco perché questo non film manca appunto del suo tocco, è cinema dilettantesco immeritevole di essere aggiunto alla sua filmografia. Da dimenticare presto senza remore.

di Andrea Lanza

lunedì 10 marzo 2008

PROSPETTIVE DI UN DELITTO


Vantage Point

USA 2008

REGIA

Pete Travis

INTERPRETI

Dennis Quaid, Matthew Fox, Forest Whitaker, Sigourney Weaver

SCENEGGIATURA

Barry Levy

Molti tireranno in ballo sicuramente il modello “Rashomon” di Kurusawa per parlare di questo “Prospettive di un delitto”, ma mi sembra che non esista niente di più lontano. Il film giapponese era parabola sulle mille sfaccettature della verità, un racconto che cambiava, a seconda di chi narrava la vicenda, non solo i punti di vista, ma proprio il nocciolo della vicenda. “Rashomon” è l’ispiratore di “L’oltraggio”, un western di Martin Ritt, di “Quante volte quella notte” di Mario Bava, di “Il coraggio della verità” di Zwick e di una marea di episodi di telefilm, cartoni animati e fumetti. Ma “Prospettive di un delitto” è più figlio di “Lola corre” di Tom Tykwer con l’idea di un tempo che torna indietro ogni volta all’inizio e ripresenta la storia, lì cambiandola totalmente qui no, con sostanziali colpi di scena. “Prospettive di un delitto” ruota intorno all’assassinio del presidente USA in Spagna e a 8 diversi punti di vista che hanno assistito alla scena: questo almeno fino a metà film perché nel finale tutto diventa molto più lineare riunendo le prospettive importanti in una sola. La pellicola non è nulla di che, ma è ben girata e regala altissimi momenti spettacolari. Un po’ 24, un po’ Friedkin soprattutto per gli inseguimenti, nulla di originale certo, ma quello che dice lo dice bene. Il film difetta soprattutto nella sceneggiatura che dimentica per strada dei personaggi, riduce a macchiette altri (Sigourney Weaver) e non sa fare appassionare a tutti i micro plot come fa con quello principale. Nel cast giganteggia un ritrovato Dennis Quaid che si mangia a colazione nuove leve come l’imbalsamato e poco espressivo Matthew Fox di Lost. Per il resto il cast non fa molto cercandosi di guadagnare la pagnotta senza i grandi sbalzi attoriali che ci saremmo aspettati da, per esempio, un altrove bravo Forrest Whitaker. La regia di Pete Travis è buona e vanta soprattutto un adrenalinico inseguimento girato in stato di grazia tra le vie di una città spagnola. Poteva essere un ottimo thriller action, ma gli evidenti difetti di trascuratezza narrativa non lo rialzano dall’essere un compitino gradevole, ma risaputo.

di Andrea Lanza

lunedì 3 marzo 2008

JUMPER


Jumper

USA 2008

REGIA

Doug Liman

INTERPRETI

Hayden Christensen, Jamie Bell, Samuel L. Jackson, Rachel Bilson, Diane Lane,Tom Hulce e Michael Rooker

SCENEGGIATURA

David S. Goyer e Jim Uhls


Perché se esiste un fast food non può esistere un fast cinema? Film talmente essenziali e privi di contenuti che una volta usciti dal cinema non lasciano niente. Jumper farebbe sicuramente parte di questa categoria. Il film diretto da Doug Liman (che era stato sempre fracassone, ma almeno un volta sapeva essere anche cool) e sceneggiato da David S. Goyer è lo specchietto di quanto il cinema si stia riducendo a degli esasperati plot che vengono limati per l’esigenze del momento. L’esigenza di Jumper è quella di far divertire nel più breve tempo possibile, il resto è niente: vi è piaciuto? Magari volete anche qualche spiegazione? (non si sa mai di questi tempi) Aspettate il secondo. E’ se si parla di trilogia un motivo c’è: Jumper è praticamente un trailer di quanto potremmo vedere nel secondo film. Sono veramente troppo i buchi di sceneggiatura volontari per un cinema commerciale che naviga a suo piacimento nei canoni stabiliti dallo spettatore medio invaghito dallo divertimento veloce stile Televisivo. Ma non questo è cinema. Un film non può essere trattato come un plot di una serie o un prima di un varietà. C’è dello avvilimento nel sapere che allo spettatore/cavia rimane “l’arduo” compito si assimilare il concettino che esistono questi Jumper capaci di telestrasportarsi ovunque in perenne conflitto con i Paladini, una società segreta che opera con i toni della grande Inquisizione. In effetti il tema principale del film sembra quello di una rilettura fantascientifica della caccia alle streghe con questi Jumper (vivono da disonesti usufruendo delle loro capacità.. per la serie non siamo eroi ma buoni ), che sostituiscono le care e vecchie fattucchiere. Peccato che poi tutto rimanga in superficie in attesa di colmare i buchi in un altro momento (un tizio di nome J.J. ci sguazza). Comunque senza pianti e senza lodi il film si fa assaporare solo per gli ottimi inserti action: o per lo meno è dove il film mostra più carattere e soprattutto dove riesce per lo meno a completarsi. Ma rimane solo quello: se poi a voi va bene… è tutto a posto. Vi gusterete Jumper 2, io però passerei la mano.

di Daniele Pellegrini