mercoledì 14 maggio 2008

IRON MAN


Iron Man

USA 2008

REGIA

Jon Favreau

INTERPRETI

Robert Downey Jr., Terrence Howard, Jeff Bridges, Shaun Toub, Gwyneth Paltrow

SCENEGGIATURA

Arthur Marcum, Matthew Hollaway, Mark Fergus, Hawk Ostby


Tony Stark è un inventore geniale e miliardario, capriccioso e vuoto,amministratore di Industrie belliche produttrici e prime fornitrici diarmi per il governo americano. Durante un test in medioriente, per verificare l'efficienza di un'arma sperimentale, viene catturato da un gruppo di estremisti. Ferito al cuore da una scheggia è soccorso e curato da Yinsen, un fisico esperto di cibernetica che gli applica un organo artificiale. Obbligato dai guerriglieri a costruire un'arma invincibile per la loro causa, Tony progetta in segreto un'armatura per fuggire alla prigionia. Rientrato negli Stati Uniti è deciso a cambiare vita, a riparare alle ingiustizie e a sconfiggere le prevaricazioni dei potenti. Perfezionata l'armatura con la sua tecnologia avanzata diventa Iron Man, un supereroe dall’armatura gialla e rossa.
Di cinecomix se ne sono fatti a bizzeffe da sempre (si pensi al Diabolik di Mario Bava anni 60) con risultati ottimi a volte (X men 2 o il Batman di Burton su tutti) o pessimi (Fantastici 4, Ghost Raider, Spawn come perle di scelleratezza incredibile). Iron man non è certo la punta apice del genere, ma ha dalla sua molte cartucce che lo elevano dalla media delle produzioni simili. Prima di tutto una regia abile che riesce a non cadere mai nelle demoniache tentazioni del videoclip, ma anzi sa dare brio, velocità e adrenalina alle scene migliori, quelle d’azione. Merito dell’attore/regista John Favreau, già autore di un delizioso “Elf” con il grandissimo Will Ferrel, e qui alla sua prima prova nel genere testosterino degli action. Poi una grande parte la fa’ il cast
capitanata da un manignifico Robert Downey Jr e da un gigionesco Jeff
Bridges già candidato nell’immaginario come possibile Lex Luthor. Di contorno una spenta, ma graziosa Gwineth Paltrow nei panni della rossa assistente di Tony Stark/Iron man, seguendo quindi la moda del genere di tingere color rame le bionde attrici (Kristen Durst in Spiderman ne è
l’esempio più eclatante). Il film segue la storia del fumetto rimordernizzando alcune parti della vicenda (Afganistan al posto del Vietnam) senza però violentare senza ritegno la materia. L’impianto del film è ironico, ma non mancano scene, come quella iniziale, dove i toni si fanno sempre più cupi e disperati. “Iron man” è una storia di redenzione, di un uomo che i troppi soldi hanno reso un Dio in terra (d’esempio la scena dove cercherà di andare nello spazio volando), ma che la morte, la guerra e la disperazione renderanno semplicemente umano e inerme. Per questo
il miliardario Tony Stark si crea un’armatura, non solo per scappare da una prigionia, ma per riprendere la sua semi divinità, in maniera totalmente diversa da prima questa volta: grazie al metallo lui può ritornare al suo stato di onnipotenza, questa volta anche fisico, ma con un’ottica diversa. Se prima vendere bombe non era né più né meno che una partita veloce ad un videogame, ora quelle stesse armi diventano il motore per distruggere l’idea di morte e guerra. Morte con morte, guerra con guerra, Stark diventa l’utopico sogno di molti americani: va nei paesi terzomondisti e prende letteralmente a calci in culo i dittatori. La presa di coscienza di Stark non è tanto data dalla bellissima battuta finale, ma da quando si accorge della bellezza della segretaria, come se ora aprendo gli occhi potesse vedere quello che lui recepiva solo in
superficie prima. Gli ultimi dieci minuti, a base di cazzotti e frasi ad effetto, sono francamente terribili e, anche se danno l’idea di fumetto filmato, fanno un po’ abbassare la soglia di credibilità del tutto. Ma è inutile lamentarci perché “Iron man” è comunque un cinecomix riuscito:
appassionante, divertente, veloce. Siamo sicuri che i prossimi capitoli saranno, se è possibile, anche meglio.

NB Due cammei eccellenti: Stan Lee, autore del fumetto originale, nei
panni di un simil Hugh Hefner (ideatore della rivista “Playboy”) e
Samuel L. Jackson nei panni di Nick Fury (attenzione a non andarvene dopo i
titoli di coda).

di Andrea Lanza

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