In Bruges
USA 2008
REGIA
Martin McDonagh
INTERPRETI
Colin Farrell, Ralph Fiennes, Brendan Gleeson e Clémence Poésy
SCENEGGIATURA
Martin McDonagh
Che cosa è “In Bruges”? Un noir, un post-Tarantino o un post-Coen, o magari un film cartolina per la splendida città belga (che dopo aver visto nel film nessuno potrà negare la volontà di andarci un giorno). Forse, e dico forse, la classificazione è fatta per le menti poco aperte, e il regista McDonagh (premio Oscar per un corto sempre con Gleeson) di certo non è il tipo di persona che pensa di attraccarsi ad un genere solo. Li usa a seconda delle situazioni, quasi a violentare le stesse regole del genere. Prima di tutto c’è Bruges (o come appella il protagonista: questa cazzo di Bruges), luogo fatato scelto dal boss (un indiavolato Ralph Fiennes) per l’esilio/vacanza di due killer dopo un lavoro andato a male. Luogo dove i protagonisti verranno a contatto con i tipi più strani della città aspettando con ansia i tanto attesi ordini del boss. Bruges è un luogo purificatore, ma maledetto, che apre le menti ma azzera la voglio di vivere. Un luogo giusto per mettere in atto una carneficina da tragedia greca. Una città che con le sue “opere” e il suo modo di vivere diventa lo specchio della storia da raccontare. Dall’altra parte poi ci sono le soluzione narrative che non sempre sembrano azzeccate: gli espedienti sono troppi e certi personaggi sembrano funzionali solo in quanto prima o dopo verranno usati per far incastrare qualche momento fondamentale delle storia; problemi di uno script bello nei dialoghi (sia umoristici che seri) ma poco interessato a costruirci sopra una storia che stia in piedi. Niente di così grave perché alla fine i conti, anche se forzati, tornano e in fondo “In Bruges” è un film che vive di situazione che passano da una critica all’intellettualismo fine a se stesso tipico dall’Europa a un bisogno umanitario di confronto con altre tipi di culture (che poi è il punto cardine del tema del viaggio). Insomma McDonagh aggira la storia, per dire quello che vuole e come lo vuole. Assurdo infatti, tanto per fare un esempio, che un film per palati fini come questo non lesini di mostrare dettagli “gore” quasi fosse l’ultimo dei Turtured movie. “In Bruges” è l’apoteosi di come non si dovrebbe costruire un film ma è anche il film che aspettavamo da tanto tempo. Se poi ci regala un trio di interpretazioni di alto livello e almeno due scene da tramandare alla storia del cinema non può che farci piacere.
di Daniele Pellegrini
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