lunedì 19 novembre 2007

IL NASCONDIGLIO


Il Nascondiglio

Italia 2007

REGIA

Pupi Avati

INTERPRETI

Laura Morante, Burt Young, Giovanni Lombardo Radice,Venantino Venantini


SCENEGGIATURA

Pupi Avati



Pupi, il cuore è altrove.
Che l’horror sia tornato di gran moda e che sia quasi sempre sinonimo di incassi vertiginosi non è una novità; che altrettanto spesso questo successo di pubblico non sia legato ad una qualità che giustifichi tanto clamore massmediatico, neppure. Così, i tantissimi nostalgici del cinema del terrore che l’Italia sapeva regalare qualche decennio or sono, avevano accolto la notizia del ritorno di Pupi Avati nei territori che dominò prima con La casa dalle finestre che ridono poi con Zeder con giustificato entusiasmo, dimenticando, o forse fingendo di farlo, gli ultimi, neanche così tanti per la verità, passi falsi del regista romagnolo.
Per questo più volte sognato ‘revival orrorifico’ il nostro si trasferisce negli Usa, mettendo in scena una personale rivisitazione del filone ‘case infestate’, dotando il film di un prologo ambientato a metà del ‘900 che è forse la parte più riuscita dell’intera pellicola. Il ritorno ai giorni nostri, che è la conseguenza inevitabile di quello che fu nell’antefatto, non mantiene le promesse che sembrava aver fatto l’atmosfera gotica dei quindici minuti iniziali. Il film sembra con il passare del tempo prendere più la forma del legal-thriller, del cosiddetto ‘giallo di ricerca’ piuttosto che quella che tutti i fan del vecchio Avati auspicavano: le malsane atmosfere che caratterizzavano i precedenti horror del regista sono ridotte alle voci off che infestano la casa, la voglia di angosciare delle pellicole precedenti e che ben si può sintetizzare in quei beffardi sorrisi della casa titolare di quello che forse è il film simbolo del Pupi gotico sembra essere sparita in luogo di un ben più facile compitino. Una pellicola dalla scrittura lineare, sicuramente senza particolari scossoni che potrebbero far deragliare il film, ma anche senza la voglia di osare che era lecito aspettarci. Uno strano ibrido tra nostalgia per quello che si è fatto e paura di tornare ad esagerare, un continuo vorrei ma non posso (o non voglio) esplicitato anche dalla scelta del cast: perchè la presenza di Giovanni Lombardo Radice e di Venantino Venantini sono la prova evidente che la voglia di rimanere attaccato alle origini, al genere, non sia mancata nelle intenzioni, ma la presenza di Laura Morante sembra il paracadute di chi teme di aver puntato troppo in alto.
Rimane così un discreto thriller che sembra più strizzare l’occhio più alla nuova scuola spagnola che alla vecchia guardia italiana: un film asettico nella sua deprecabile perfezione, una macchina che funziona ma che, nonostante qualche momento mirabile (torna l’ossessione del regista per le vecchie maniache), non riesce a consacrarsi come il ritorno di Pupi Avati, quello totale, completo, con la mente ma soprattutto con il cuore.

di Michelangelo Pasini

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