giovedì 7 giugno 2007

HARSH TIMES - I GIORNI DELL'ODIO



Harsh Times

USA 2005

REGIA

David Ayer

INTERPRETI

Christian Bale, Freddy Rodriguez, Eva Longoria, Chaka Forman, Tammy Trull, J. K. Simmons, Michael Monks, Samantha Esteban, Tania Verafield

SCENEGGIATURA

David Ayer


Jim Davies (Christian Bale) , veterano della guerra del Golfo, torna nella nativa Los Angeles intento a trovarsi un dignitoso lavoro da federale nell’ L.A.P.D., per poi riuscire a sposare la propria fidanzata messicana (Tammy Trull). Tormentato da continui incubi di morte, retaggio dell’esperienza in Afghanistan, non riesce però ad entrare a far parte delle forze dell’ordine. Nel frattempo, Jim bighellona con il ritrovato amico Mike (Freddy Rodriguez), anche lui perdigiorno ad insaputa della propria fidanzata avvocato, Sylvia (Eva Longoria). Le loro scorribande si barcamenano tra sostanziose bevute, infiniti consumi di marijuana, piccoli furti ai danni di spacciatori da quattro soldi, ecc., sollecitando gradualmente la residua bramosia violenta di Jim, il quale conduce l’amico Mike in una inesorabile, letale spirale di autodistruzione.
HARSH TIMES segna il debutto dietro alla macchina da presa di David Ayer, sceneggiatore di film mainstream come FAST AND FURIOUS, S.W.A.T., ma soprattutto TRAINING DAY di Antoine Fuqua, con cui il suo primo lungometraggio condivide la realistica mise en scéne (ampio ricorso a primi piani sui visi degli attori, largo spazio a dialoghi) e la veridicità del degrado profuso dalla zona sud-est losangelina, con dovuto corollario di malavita e disagio esistenziale. Forse le assonanze si fermano qui, perché se TRAINING DAY era comunque un action movie ad alto budget, sin troppo patinato e moralistico a tratti, HARSH TIMES vanta la genuina credibilità di un cinema indie, scevro di estetismi ed inutili abbellimenti. Da un versante il film (girato in Super 16 mm) privilegia della stessa povertà del suo budget di due milioni di dollari, ma dall’altro paga pegno di una sin troppo dichiarata sgradevolezza, non tanto per la sporadica brutalità di alcune scene, quanto per la difficoltà di poter empatizzare con almeno uno dei due protagonisti. Jim, magistralmente interpretato da Christian Bale, qui anche produttore esecutivo, è sì un disagiato sul quale grava l’ipocrita e cinica acredine di un’intera Nazione che manda a morire i propri giovani in guerra, per poi togliere ai superstiti ogni possibilità salvifica di redenzione, (argomento già esplorato innumerevoli volte da pellicole come Rambo, Nato il 4 Luglio, ecc.), ma è anche un personaggio dalle connotazioni estremamente contraddittorie (l’amore per la propria partner, contrapposto alle scappatelle, l’inusitata passione per lo sballo, la misoginia, accentuata da un’attitudine fastidiosamente cocky, la fragilità di nervi, le incontrollabili esplosioni di violenza), davanti alle quali il fragile Mike non può che reagire come un’ automa. Non che sia un grave difetto di scrittura; di certo però la mancanza di una figura principale idealista e incorruttibile quale il poliziotto interpretato da Ethan Hawke nel film di Foqua, fungerà da deterrente ad un’ampia fetta di pubblico medio, desideroso di abbracciare un accomodante punto di vista “morale” e condivisibile . Anche lo svolgimento del plot è inusuale : la paranoia guerrafondaia di Jim viene introdotta e sviluppata dagli allucinati flashback del prologo, costituiti da frequenti flash visivi e jump cuts, da cui si dedurranno le sue devastate condizioni psicologiche. Per i restanti 2/3, il film è prettamente un resoconto del cazzeggio dei due amici, a metà tra uno Scorsese dei primi tempi ( WHO’S KNOCKING AT MY DOOR e MEAN STREETS su tutti), e un Cassavetes affascinato dalla cultura del ghetto ( il profluvio di slang vomitati nella versione originale – “homeys”, “bros”, “dude” su tutti- mettono a dura prova la sopportabilità di chiunque), prima di arrivare ad un epilogo inevitabilmente tragico. Ayer non riesce inoltre ad evitare alcuni topoi tipici delle pellicole del genere: la caratterizzazione dei messicani non esula dall’usuale enfasi monodimensionale con cui si focalizza lo squallore delle loro esistenze, costituite da sparatorie e traffici di droga; al contrario, il nichilismo da strada, la rabbiosa fatalità e il senso di isolamento di Jim vengono resi con impressionante e, come già visto, quasi urticante autenticità. Impossibile smettere di incensare la performance dell’eclettico Bale: da sola vale il prezzo del biglietto di un’opera prima particolare, imperfetta, ma comunque interessante.

di Francesco Furlotti

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